Rum Molh

di Pier Tulip

Biografia romanzata di Raimondo de Sangro

Il segreto della cappella Sansevero

   
   
           
   

 

Home

 

Introduzione

 

Recensioni

 


Estratti

 

L'entrata di Carlo III a Napoli 1734

 

Napoli 1742

 

Incontro con Corradini 1747

 

1757

 

Epilogo

 


Indice dell'opera

 

Introduzione

 

Prologo

Sphingis solis sapientibus.

 

La scoperta

II seme del maschio distrugge gli ambigui libri

 

L’iniziazione

Uccelli s'istruiscono in aria 

 

Gli onori

Acqua dell'aria e sonerà il trionfo

 

Il maestro

Primiera guida ai figli degli Dei

 

La luce

Sposa del Vello, del fumo bianco, della bell'acqua

 

Le tenebre

Per la morte del drago

 

Epilogo

Or son degno d’Iram

  La lettera cifrata

  Interpretazione massonica

  Interpretazione alchemica

  Prime considerazioni

  Interpretazione finale

 

     

1710

 

Nel 1710 Torremaggiore di Capitanata, nella piana ad ovest del Gargano, è un borgo medioevale arroccato attorno al castello ducale affacciato ad occidente sul panorama dei Monti Dauni.

La storia ricorda la permanenza di Federico II che, morente, nel 1250 lasciò il regno del sud e di Sicilia a Manfredi. Nel 1252 Torremaggiore passò ad una congregazione di Templari e, dopo il loro scioglimento, a vari nobili dei regnanti di turno.

Dal 1382 è proprietà della nobile famiglia dei Marsi e dei Sangro. Il ramo attuale comincia nel 1587 coi titoli di Principe di San Severo per il capo famiglia e Duca di Torremaggiore per l’erede.  Nell’anno in cui comincia questa storia è Principe Paolo, sesto principe della dinastia, e Duca il figlio Antonio. Essi annoverano nella loro stirpe figure storiche come S. Oderisio abate del monastero benedettino di Montecassino (sec. XI), San Bernardo di Chiaravalle teorico dei Templari (sec. XII), Santa Rosalia (sec. XII), i Papi Gregorio III (sec. VIII),  Innocenzo III (sec. XII-XIII), Paolo IV Carafa (sec. XVI).

Il castello domina il borgo con le sue sei torri. A est, lateralmente al portale d’ingresso, un cavalcavia  permette alla corte feudale di raggiungere il teatro ducale. A sud offre la visione  del mastio centrale quadrato di origine sveva col suo carcere sotterraneo del Trabocco.

Il castello ora ha perso la sua funzione militare e difensiva diventando una dimora gentilizia abbellita da pregevoli affreschi del ‘600 che ornano la sala del trono. Qui, pensieroso, siede il Duca Antonio ora guardando a terra, ora guardando il panorama attraverso l’ampia finestra:

- «Signore, ti prego, fa che non succeda ancora» - pensa - «non può essere, no, la terza volta

Oramai sono tre anni che aspetta che non succeda.

Il suocero Nicolò Gaetani d’Aragona, Duca di Laurenzana, gli si avvicina e appoggiando una mano sulla sua spalla:

- «Stai sereno» - gli dice - «questa volta andrà tutto bene, vedrai».

Il padre Paolo se ne sta in un angolo osservando la porta della camera nell’ala est dove la moglie, Geronima Loffredo dei Principi di Cardito, e la suocera di Antonio, Aurora Sanseverino Fardella, figlia del Principe di Bisignano, assistite da due serve, sono chine sul letto di sua nuora Cecilia che si contorce e urla.

Un improvviso silenzio fa balzare Antonio dalla sedia, che si volta, teso, verso la porta.  L’attesa spasmodica dura pochi secondi che sembrano eterni…, poi il pianto di un bimbo risuona come un inno di gloria: è nato finalmente, e vive, il terzo figlio di Antonio e Cecilia, l’erede di casa de’ Sangro.

Cecilia ha perso già due figli, Paolo e Francesco morti in tenera età,  e la sua condizione di madre non è diversa da tutte le altre madri d’Italia.

 

La mortalità infantile è altissima (del 25% dei nati ad un anno, il 40% prima dei 5 anni, per arrivare al 50% prima dei 10 anni.). Per la miseria e le cattive condizioni igieniche, la media della vita di un uomo non supera i 33 anni, tenendo nel conto anche i bambini. Le percentuali sono ancora più alte fra i nobili a causa dei frequenti matrimoni fatti fra consanguinei per non disperdere il patrimonio familiare.

 

E’ nato l’eroe della nostra storia: Raimondo Maria de’ Sangro. E’ il 30 gennaio del 1710, uno dei primi anni di un secolo che rivoluzionerà la storia del mondo, e il primo giorno di vita di un uomo che ci stupirà.

 

Il padre di Raimondo, Antonio, tre anni prima ha ricevuto in dono dal nonno Paolo le terre di San Severo, Torremaggiore, Castelnuovo, Casalvecchio, Castelfranco e altri beni. Il nonno si è riservato il titolo di Principe di San Severo e un vitalizio  annuo di 5000 ducati, ma ha anche stabilito che Antonio dia 1200 ducati all’anno a sua madre Geronima Loffredo ed altri 1800 ducati a suo fratello Diego, le sei sorelle non ricevono niente. È questo il modo di andare in pensione dei nobili: quando si sposa il primo figlio maschio il capofamiglia gli cede tutti i suoi beni riservandosi una rendita. Questa prassi genera due vantaggi: il padre si libera del peso dell’amministrazione e il figlio, divenuto un uomo di gran rango, può richiedere una dote più consistente.

Antonio, da quando il padre gli ha ceduto i beni, si sente il padrone del suo mondo e dimentica quasi subito la nascita del figlio. La moglie è relegata nella sua stanza perché gravemente malata ed egli, “superficiale e libertino”, si invaghisce di una ragazza di San Severo.

Il padre della ragazza si oppone tenacemente alle avances del Duca. Antonio sente il diritto inalienabile di disporre dei beni e della vita dei suoi sudditi come un signore feudale dei suoi valvassini e servi della gleba, fa valere finanche lo jus primae noctis, il diritto del feudatario di giacere con una sposa la prima notte di nozze; molto spesso, sia in gioventù che da sposato, ha fatto prelevare, con la forza, delle donne dalle loro case per feste lascive nel castello.

Dopo le minime, dovute, insistenze manda un manipolo dei suoi soldati ad uccidere il padre e a prelevare la figlia. Forse perché San Severo non è Torremaggiore e il Principe non vi risiede stabilmente, forse perchè i tempi stanno cambiando o  anche perché ormai i crimini dei feudatari sono divenuti insopportabili, Antonio viene denunciato alla magistratura pugliese a Lucera da cui dipende San Severo.

Per non essere arrestato, visto che a Napoli governano gli spagnoli, fugge alla Corte di Vienna dove si fa apprezzare per le sue doti diplomatiche e diventa intimo dell'Imperatore, è pur sempre grande amatore delle belle lettere e di tutti coloro che le professavano”. 

Alla corte austriaca avanza di grado diventando diplomatico presso le corti di Francia, Germania, Russia e Portogallo. Il suo nome è posto nell’elenco “degli Arconti della Repubblica letteraria italiana tra i primi nomi annotati dal Muratori”.

.......